Didattica

Il Po, le sue Vie e i suoi ambienti

 

♦ VIE D'ACQUA

Il Cantogno

Si parte dal ponte che si trova poco dopo il Mulino del Devesio e ci si ritrova in un mondo incantato e un po' magico. Ad ogni curva ti aspetti di incontrare qualche antico abitante dei boschi. Le sponde, alte e ricche di folta vegetazione, danno l'impressione, a chi naviga le acque veloci e, a tratti, profonde, ma sempre limpide, di essere in una galleria che, di tanto in tanto lascia intravedere la campagna circostante.
Questa discesa non presenta grandi difficoltà, anche se il percorso è molto tortuoso e spesso stretto, con corrente veloce.
Dopo l'ingresso del Cantogno nel Po, lo scenario muta, lasciando spazio alle manovre e allo sguardo. La corrente diminuisce, la vegetazione delle sponde è meno fitta, si incontrano spiagge e la prima isola del fiume, attrezzata dagli "Amici del Po" di Villafranca. Poco dopo si arriva al paese.
Tempo della discesa: tre ore.

Il Pellice

Dalla confluenza con il Chisone a quella con il Po.
Ci si imbarca all'altezza del guado di Zucchea, poco dopo la confluenza con il Chisone. È necessario un minimo di attenzione, in quanto il torrente sì presenta tortuoso, ramificato, a tratti veloce, con fondali bassi che si alternano a buche con grandi masse d'acqua.
La limpidezza dell'acqua invita, nella bella stagione, a tuffarsi, II modo migliore di vivere un grande torrente di pianura come il Pellice è fare la discesa con calma, interrompendo ogni tanto il tranquillo pagaiare per uno spuntino su uno dei molti isolotti o su una delle tante spiagge solitarie.
AI ponte della provinciale Villafranca - Vígone si deve aggirare lo scivolo anti erosione; siamo a circa metà percorso.
Arrivati alla confluenza con il Po, si deve ormeggiare sulla destra.

Il Po

Nei pressi di Staffarda c'imbarchiamo sul Ghiandone, che è già, per la conformazione del letto, la regolarità della portata e la sinuosità del percorso, un piccolo fiumeChiare acque di risorgiva scorrono veloci attraversando i campi dell'Abbazia e ben presto ci, portano alla confluenza con il Po.
Imboccato il piccolo grande fiume, si percorre un'ampia curva a destra; poco lontano, sulla destra della grande ansa, gli "Amici dei Po" di Cardè hanno ripulito e sistemato alcuni fontanili. All'altezza del ponte di Cardò troviamo l'imbarcadero e un'area attrezzata, ideale per una tappa ristoratrice. Pagaiando verso Vìllafranca incontreremo il Lessia e il Tepice, piccoli affluenti di destra, e il Cantogno affluente dì sinistra. Sicuramente avremo occasione di disturbare germani, garzette, aironi, che sì alzeranno in volo al nostro passaggio.
La discesa non presenta partìcolarì difficoltà e può essere fatta da tutti in qualunque periodo dell'anno; dura circa due ore e mezza.
Una seconda via, un po' più impegnativa, che si può fare da maggio alla prima settimana di luglio, parte dal ponte di Martiniana Po. Qui il Po è ancora uno stretto torrente, che scorre veloce cor numerose rapide, le acque limpide e il letto che lentamente si allarga nell'affacciarsi alla pianura. Dal ponte della Saluzzo-Revello il paesaggio cambia: a tratti ancora impetuosi si alternano momenti di corrente più lenta, il letto si restringe e la vegetazione si avvicina all'acqua. Attenzione agli alberi strappati alle rive dalle piene. Dalla conflueza con il Bronda, e soprattutto da quella con il rio Torto, l'acqua s fa torbida, bottiglie e sacchetti di plastica pendono dagli alberi, i pochi pesci, che l'istinto porta sìno a qui alla ricerca di acque pulite per riprodursi, battono in ritirata. Eppure, nonostante l'uomo, la natura resiste: garzette, aironi cinerini, germani, martin pescatori nidificano e si moltiplicano.
Poco prima del ponte della statale dei laghi d'Avigliana il parco del Po ha attrezzato un'area di sosta, all'interno di un progetto dl rinaturalizzazíone che ha riforestato questi ultimi due chilometri di sponda. Dopo il ponte la navigazione si fa più tranquilla e, superato il guado delle Cascinasse, troveremo la confluenza con il Ghiandone. II Po è ormai un fiume.
La durata della discesa, da Martiniana a Villafranca, è di circa 5 ore. In un eventuale ulteriore tratto, da Villafranca a Casalgrasso. incontreremo i primi meandri, le confluenze con il Pellice e il Varaita: l'acqua perde velocità; una passeggiata tranquilla ci porta all'approdo del ponte di Casalgrasso.

La bealera grossa del Mulino

Si parte dalla Cappella di Missione e attraverso atmosfere simili a quelle incontrate lungo il Cantogno, si lasciano alle proprie spalle le marcite di Borgo Soave.
Certamente curioso l'ingresso nel paese tramite la via d'acqua, che ci restituisce angolazioni originali delle mura e delle prospettive cittadine.
Tempo della discesa: circa un'ora.


 

♦ VIE DI TERRA

Il Po: un tratto della via del sale

Dalla "Porta Padis" ci incamminiamo verso Moretta, ci arrampichiamo fin sul ponte (1884), ed ecco il Po, il fiume più grande d'Italia, l'artefice della Padania, via d'acqua, risorsa ittica del passato, ora diletto di affamati pescatori, fonte irrigua per l'idrovoro mais, catastrofe incombente per gli azzardi dell'uomo.
Ma il Po è stato anche una via del sale ed il percorso che noi faremo è un tratto di un più ampio tracciato; che cerca di ripercorrere idealmente l'antica via che da Marsiglia, passando per il Buco di Viso; discendeva la valle Po.
Imbocchiamo la prima sterrata a destra dopo il ponte, giungeremo all'imbarcadero degli "Amici dei Po", attrezzato anche come area per merende in riva al fiume. Sulle acque, insieme ad una innumerevole schiera di barche a punta, vedremo anche la ricostruzione di un traghetto. Se chiudiamo gli occhi potremo immaginare gli infreddoliti viandanti di altri tempi pagare il pedaggio per proseguire il cammino.
La strada costeggia un notevole impianto di riforestazione realizzato su terreni dell'Ordine Mauriziano. Essenze autoctone, che un giorno ci ridaranno un luogo del nostro passato.
Tra prati e filari di pioppi risaliamo il fiume fino alla silenziosa Brasse e, con la provinciale, giungiamo a Cardé, un altro paese rivierasco, che di Po si è nutrito e cresciuto.
Da Cardè la via del sale prosegue alla volta di Staffarda e Saluzzo. A chi vuole proseguire su questa affascinante via consigliamo di attrezzarsi di rampichino è di un poco di spirito dì avventura: Alla prima traversa a sinistra che si incontra, dopo aver svoltato a destra sulla strada principale, ci si incammina verso il guado delle Cascinasse, che porterà a Staffarda, oppure, proseguendo sulla stessa sponda; si arriverà a Saluzzo, seguendo le indicazioni che si troveranno per via.
Riprendendo il nostro percorso, attraversiamo Cardè e, all'uscita, incontriamo il castello, la chiesa e lo splendido viale alberato; che ci conduce al ponte. Lungo la discesa alberata il nostro sguardo può spaziare lontano. Tre grandi cascine, la Piè Vignolo, sulla sinistra; la Cascina Nuova e i Mileni, in lontananza, sulla destra, disegnano, con il Castello e il campanile del Santuario di Cantogno, le architetture emergenti del territorio. Ma non voltatevi indietro, ché l'ombra minacciosa dell'industria agricola si proietta sulle fragili architetture del passato: e così il paesaggio muta, e con esso i nostri pensieri.
Siamo sulla via del ritorno; vi consigliamo di abbandonare la provinciale e di svoltare verso Cantogno; riprendendo così la strada per Villafranca.
Lunghezza itinerario: circa 12,7 km.

Tra due fiumi

Il territorio dei borghi frazionari di Madonna Orti, Mottura e Bussi è un cuneo, i cui lati sono le mobili sponde del Po e dei Pellice; una terra di confine nei tempo e nello spazio, la fine di uno spartiacque, dove due bacini orografici si incontrano.
Uscendo dal paese, verso Torino, percorriamo una breve salita, che culmina con la scalinata che porta al sagrato del convento dei Cappuccini; da qui, svoltando a destra, imbocchiamo la vecchia stra da provinciale, che collegava Villafranca a I"aule e Polonghera e ai mercati di Carmagnola e Moncalieri.
II muro del convento e il piano dalla strada s'incontrano poco prima del viale che porta alla stazione; una via ormai sedentaria, residenziale, che un tempo accoglieva i viaggiatori giunti in treno in sieme con gli infiniti viaggi di operai e studenti, pendolari tra la città e il paese.
La ferrovia, ormai chiusa, la incontriamo al passaggio a livello, sempre aperto, e di qui, abbandonate le ultime case del paese, la provinciale serpeggia pigramente, tra le onde di terra disegnate dalle acque del Po, verso il Porto di Faule.
Carri, cavalli, calessi, buoi, gente a piedi, un piccolo quanto alacre traffico contadino di prodotti e mercanzie ha animato, fino al secondo dopoguerra, questa terra ricca e fertile, questo triangolo dove, ancora in buona parte intatte, sono presenti le testimonianze architettoniche di un mondo passato: cascine, cappelle, ville, piloni votivi, tettoie, chiabotti ecc.
Poco fuori del paese incontriamo la Cappella di Fortuna, che tanti viandanti ha riparato da temporali, grandinate e notti umide; qui, se si è fortunati, al mattino, si può vedere una civetta che riposa sul tetto.
Dopo un chilometro la strada si accosta al Po; dall'alto vediamo il primo meandro del fiume e di là, sul territorio di Moretta, le suggestive cascine Ceresole.
I Cerutti sono la prima borgata che incontriamo; sulla sinistra, in lontananza, scorgiamo la cascina Musinasco, con a fianco una bianca dimora di campagna. Proseguendo sulla provinciale attraver siamo Madonna Orti, passando accanto alla cascina Pignatelli, per giungere poco dopo ai porto di F=aule, dove un tempo il "Portuné" trasbordava da una sponda all'altra i viaggiatori. Oggi si vedono ancora i pilastri di un ponte progettato negli anni'S0 e mai realizzato. La meccanizzazione dell'agricoltura avanzava, e il trasporto con i camion sostituiva i carri a trazione animale; un'epoca finiva. ®i !à dal fiume la trattoria del Porto di Faule é ormai irraggiungibile.
Poco a valle c'è la confluenza con il Pellice; per raggiungerla torniamo a Pradone e imbocchiamo la stradina verso il Pilone Goretto, svoltiamo ancora a destra e ci avventuriamo nell'esplorazione di un territorio che più di altri è in continua modificazione, una frontiera dove l'acqua e l'uomo giocano un'infinita partita per definire il confine dei rispettivi domini.
Ancora una volta torniamo sui nostri passi, costeggiamo la cascina Musinasco, il cui toponimo ci rimanda all'antico borgo che, insieme a Fontanile e Borgo Soave, ha dato origine a Villa Franca; arriviamo così tra le case della frazione Mottura. Qui possiamo rifocillarci alla trattoria, un agriturismo ante litteram, dove vengono serviti antipasti fatti in casa, salumi, primi e pietanze secondo la tradizione della campagna piemontese.
Riprendiamo la strada verso il Pellice, !a costeggiamo, attraversiamo la frazione Bussi e ritroviamo la strada ferrata e la provinciale.
Per chi ha ancora voglia di curiosare, è consigliabile una puntata ai boschi di Tetti Girone, un ultimo residuo di foresta planîziale, di quei boschi che un tempo ricoprivano quasi tutte le terre fin qui attra versate. Si percorre la statale in direzione di Vigone, si supera il ponte e, subito dopo il passaggio a livello, si imbocca la sterrata che riporta verso il Pellice. Si costeggia il torrente per qualche centinaio di metri e non tarderemo a riconoscere gli alberi secolari; abbandoniamo le biciclette ed esploriamo il bosco, che, per quanto piccalo, emana la potente suggestione di un mondo incontaminato.
Chi é stanco e non vuole avventurarsi su una strada trafficata, arrivato ai Bussi imbocchi la campestre delle Case Nuove dei Bussi, attraversi la ferrovia e la statale e si incammini verso la frazione San Nicola.
Siamo sulla strada del ritorno, superata o borgata ancora un paio di chilometri ci separano da Villafranca.
Lunghezza itinerario: circa 22,8 km.